Supervisione


La supervisione per “prendersi cura del terapeuta”

La mia esperienza professionale mi ha insegnato come la supervisione di un clinico più anziano, rappresenti un indispensabile strumento di “cura della cura” (Bianciardi, Telfener 1995-2014), e permetta il “prendersi cura del terapeuta”, da non confondersi, però, con il percorso di psicoterapia personale del terapeuta che, a mio umile parere, è comunque altrettanto indispensabile.

Ho lavorato come psicologa convenzionata per quindici anni nel Sistema Sanitario Nazionale, nell’ambito delle dipendenze patologiche, in particolare nel campo dell’Alcologia, affrontando situazioni multiproblematiche che mi hanno permesso di sviluppare una conoscenza e competenza non solo in ambito clinico, ma anche nel promuovere interventi terapeutici che aiutino il terapeuta a interfacciarsi con le diverse Agenzie Terapeutiche (SER.D., case di cura, Servizi Sociali, Servizi di Salute Mentale, etc…) in modo da favorire l’integrazione degli interventi secondo una prospettiva di Rete.

Svolgo la libera professione dal 2006, e mi sono confrontata con numerose esperienze cliniche sia in ambito individuale, che di coppia e familiare.

Sono in supervisione personale dal 2004.

Poter affrontare i propri casi clinici, non solo in occasione di stallo terapeutico o di criticità, ma impostarne, fin dall’inizio, il processo terapeutico con il proprio Supervisore, rappresenta una risorsa preziosa sia per i pazienti che per il terapeuta.

Poter confrontarsi, in uno spazio protetto e sicuro, con le difficoltà di gestione dei casi clinici, con il disagio psicologico indotto sia dalla sofferenza dei pazienti che dalle eventuali criticità incontrate nelle relazioni con colleghi e/o contesti di cura, rappresenta una preziosa forma di protezione della propria integrità emotiva e professionale.

L’esercizio della psicoterapia, oltre a essere un lavoro meraviglioso, ricco di profondità umana e di emozioni, è anche un lavoro che può diventare pericoloso (A. Semi, 1996). Intraprendere un percorso di Supervisione diventa quindi anche una forma di protezione dal burn out.